Abbiamo parlato spesso dell’universal design e della sua importanza nella progettazione di spazi pubblici e privati.
Abbiamo detto che si tratta di un auspicabile futuro e di un importante presente in fase di evoluzione.
Oggi ci addentriamo in una breve ma utile riflessione sul perché l’approccio al design universale da parte di giovani architetti e designer è qualcosa di preziosissimo per tutta la società.

Cambiamento di mentalità e prospettiva
Con il design universale, il luogo in sé non è più il fulcro isolato della progettazione. Il centro di tutto torna ad essere l’essere umano, nelle sue mille e più sfaccettature ed esigenze.
Si pensa in senso olistico alla varietà degli utenti degli spazi e oggetti progettati, intesa non solo come persone con vari livelli di abilità e disabilità ma anche persone di età differenti e differenti fasi della vita.
Esempio: un tempo (e con i vecchi approcci ancora utilizzati) nel progettare una biblioteca si pensava a dove mettere il desk, come sistemare lo spazio dedicato ai libri e alla loro consultazione.
Con il design universale, si pensa alla varietà di utenti che ne faranno uso (persone senza problemi motori e persone con disabilità lievi o gravi, persone con deficit sensoriali, persone anziane, bambini, donne incinte ecc.).
Gli spazi assomigliano di più alle persone.
Il design universale non pone un problema, ma una soluzione
Il motivo per cui è importante e saggio che ogni persona che studia o pratica lavori relativi ad architettura e design modifichi la propria prospettiva verso l’Universal Design sta nell’approccio risolutivo che questo tipo di attitudine porta nelle professioni legate alla progettazione.
Le persone, nella loro varietà e plurime necessità, diventano fonte di ispirazione per i nuovi architetti, che non vedranno più “un problema” in aspetti come, ad esempio, la disabilità, ma una nuova linfa creativa, una nuova risorsa nelle pratiche progettuali.
E gli architetti saranno così un esempio, ispirazione e fautori di buone pratiche per moltissimi altri segmenti di popolazione, come i gestori di luoghi pubblici, le istituzioni e, infine, i cittadini.
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Un progetto e buona pratica
Un esempio di approccio risolutivo nella progettazione di tutti gli spazi, pubblici e privati, lo abbiamo trovato nel progetto Architutti, che ha l’intento di diffondere, raccontare e spiegare che cosa vuol dire essere un architetto per tutti, che progetta per le persone, che non applica pedissequamente una normativa ma attiva una sensibilità profonda e ripensa il progetto con un approccio inclusivo e olistico.
Il loro lavoro di consulenza a chiunque voglia rendere “più universale” un proprio spazio è proprio quello che intendiamo (e che ci piace) quando parliamo di “approccio risolutivo” ai problemi.
O, più semplicemente, alle necessità.